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Percorsi del colore

Testi di Giorgio Bonomi e Claudio Cerritelli
2007

*Percorsi del colore* - Copertina bianca. In basso a sinistra una tela di Tessadri. A destra il nome dell'artista.

Giorgio Bonomi: Le griglie emozionali

Rolando Tessadri è un artista giovane che affronta la pittura con grande coraggio. Evitando le facili mode attuali, tutte basate su installazioni, nuove tecnologie, materiali anomali, immagini ed oggetti di tipo fumettistico ed altro ancora.

L’artista, senza essere né reazionario né accademico, pratica la “pittura”, nella fattispecie quella “astratta”, e così, anche se corre il rischio di essere “anacronistico” (ma l’arte è sempre “inattuale”), compie un’operazione di elevato contenuto estetico. Infatti fa rivivere, in modo nuovo e in un diverso contesto, l’astrattismo geometrico, in particolare quello “reticolare” che con Dorazio e Nigro aveva dato risultati eccezionali.

Alla base del quadro, sulla tela e, concettualmente, sotto il colore, abbiamo sempre una “griglia”, quella griglia su cui Rosalind E. Krauss ha scritto un saggio noto, ma per molti versi discutibile, al di là di certe affermazioni certamente convincenti, come [...] La griglia possiede due modi: uno spaziale e l’altro temporale. Spazialmente, la griglia afferma l’autonomia del campo dell’arte: bidimensionale, geometrica, ordinata, è antinaturalista, antimimetica e si oppone al reale. [...] Sul piano temporale la griglia [...] si pone come [...] la forma onnipresente nell’arte del nostro secolo (il XX, N.d.R.), una forma che non appare altrove, assolutamente da nessuna parte dell’arte del secolo precedente (il XIX, N.d.R.). Così da Mondrian e Malevič la forma a griglia o reticolare si è sviluppata fino ai nostri giorni, passando da J. Johns, Ryman, Martin e tanti altri.

In altra occasione ho parlato di “quadrettatura” dello spazio bianco (tela, foglio) come tipica della pittura analitica degli anni ’70, anche qui assunta come base strutturale della “nuova pittura”, che trovava in un’articolazione ad ascisse ed ordinate un principio scientificamente fondato e sicuro.

Volendo dare significati simbolici si potrebbe parlare, in relazione alla griglia, di “trama ed ordito”, ma qui il purismo matematico potrebbe essere contaminato da significati altri, soggettivi e “sentimentali”.

Il nostro artista, nel suo discorso legato all’evoluzione della storia dell’arte, spesso accosta le tele, sì da realizzare dei “polittici” in cui le differenze e variazioni, già presenti nel singolo elemento, si moltiplicano e si esaltano. I colori, poi, pur nella loro pluralità, creano un effetto monocromatico, sia in ogni singola “banda” che compone l’opera, sia a volte in tutto l’insieme. Anche, in questo caso, abbiamo lo sviluppo di una modalità affermata storicamente, il monocromo che, dall’essere realizzato con un colore “solo” (il malevičiano, “bianco su bianco” o “nero su nero”), oggi si pratica come risultato “dominante” di un colore che predomina sugli altri.

Allora, se lo spazio è ben definito dalla griglia o reticolo, il tempo invece non può essere fissato perché “sfuggente” nello scorrere dei colori, e della luce, da sinistra a destra, e viceversa, dall’alto al basso, e viceversa. Questo fenomeno fa sì che lo spazio, che abbiamo appena detto essere “definito”, però non sia “delimitato”, poiché quello scorrere provoca proprio la mancanza di “limiti”.

E qui si recupera quella liricità, negata dalla matematizzazione dell’estetica, in quanto sono proprio quel variare lieve dei colori, il loro tono attenuato e riservato, lo scorrere leggero e calmo dell’occhio, le vibrazioni continue, che portano dalla dimensione dell’ottica non solo a quella del pensiero, ma proprio a quella dell’anima, cioè al profondo emozionale di ciascuno, fatto di sensazioni, di ricordi, di sentimenti.


Claudio Cerritelli: Luce senza confini

1. L’oggettività luminosa della superficie

Chi ha commentato il lavoro di Rolando Tessadri nel suo ultimo decennio di ricerca (1996-2006) ha posto in evidenza il contesto storico dell’astrattismo contemporaneo come complesso sistema di riferimento per una pittura costruita sugli elementi essenziali della linea e, soprattutto, sul valore immaginativo della luce.

Se nelle prove degli anni Novanta prevale un ritmo pulsante della materia che il gesto incurva e contiene entro strutture dinamiche e trasversali, nelle opere dei primi anni 2000 si avverte un maggior controllo e una sostanziale rinuncia agli andamenti veloci del colore.

La necessità di questo orientamento non è immediata, avviene attraverso passaggi interni dove l’artista si affida a lievi sfumature, impalpabili trasalimenti del colore che vaga nel vuoto, sospinto da leggere evanescenze.

Lo spazio è una zona silente e lontana da qualunque struttura di riferimento, una dimensione sospesa sull’energia impalpabile della luce, infatti i precedenti schemi costruiti sulle diagonali si assottigliano fino a dileguarsi nel colore fatto di minimi bagliori.

La pittura di questi anni (2000-2002) è dunque una soglia indeterminata che prelude all’esigenza di rifondare la struttura della forma attraverso la presenza di fasce cromatiche parallele, piani di colore che si compongono nella misura di un movimento dotato di toni differenti e compresenti.

La qualità fisica della luce si pone come problema centrale della ricerca di Tessadri, luogo di emanazione di valori visivi impercettibili che variano per intensità e raramente si riducono ad un intento puramente costruttivo. Semmai, l’artista usa lo schermo strutturale delle incidenze lineari per comunicare una sintesi dello spazio attraverso l’uso potenzialità cromatiche sperimentate con diverse tecniche.

La sensibilità analitica del colore non è fine a se stessa ma comporta una riflessione intorno alla grammatica geometrica come dimensione non dogmatica del pensiero costruttivo, luogo di sconfinamento dello sguardo che supera i suoi stessi limiti nell’oggettività luminosa della superficie.

Tessadri è affascinato dalle poetiche della riduzione segnica e cromatica, si affida allo strumento essenziale della linea ma è anche interessato ad annullarla nel medium pittorico, in questo senso egli avverte la necessità di una stretta relazione tra segno e superficie, tra peso del colore e relative trasmutazioni.

Una simile attenzione non è mai disgiunta dalla fase progettuale del campo cromatico, la pittura diventa esercizio vissuto come ricerca di equilibri in divenire, presupposto che consente di esplicarsi attraverso differenti vibrazioni: sia all’interno della singola superficie sia nell’ambito di una sequenza di piani in reciproca relazione.

L’idea di “serie” deriva dalla tradizione del costruttivismo, soprattutto da quel versante che riflette intorno al susseguirsi di variazioni di colore che si basano sugli slittamenti compositivi e sulla verifica dei tempi di percezione.

Tessadri concepisce la relazione tra i singoli pezzi come un preciso percorso di mutazioni dove l’intuizione della luce stimola la sensazione indeterminata dello spazio, sensazione rafforzata dallo scorrimento reversibile dello sguardo che si muove da un punto all’altro, dalla prima all’ultima superficie della serie, come in un processo totale e indivisibile.

2. Il silenzio del colore, pittura senza clamori

La fase analitica è sempre la premessa necessaria a questo tipo di ricerca, il progetto compositivo si sviluppa in modo aperto, affinchè lo spettatore possa muoversi durante la sequenza percettiva sviluppando un’esperienza cognitiva aperta a molteplici possibilità di lettura.

Lo sguardo interroga la superficie ma non riesce mai ad esaurire la sua sollecitazione, a comprendere la complessa identità del colore che procede per addizioni e sottrazioni, sfiorando talvolta il grado zero ma non proponendosi mai di assumerlo in modo definitivo.

Non esiste alcuna metodologia percettiva capace di risolvere l’oscillazione tra visibile e invisibile, infatti il lettore deve sempre tenere presente quello stato di “ambiguità dell’idea e del progetto”, che già nel 2000 Tilly Meazzi ha definito come carattere del lavoro decisamente silenzioso di Tessadri.

La condizione silente della ricerca pittorica delle nuove generazioni è un’indicazione che viene da lontano, ne ha parlato Filiberto Menna a metà degli anni Ottanta a proposito di un gruppo di giovani pittori (Astrazione povera) che esprimevano l’esigenza di contrapporre al rumore del mondo uno spazio concentrato e silenzioso dove l’artista può mettere a punto gli attrezzi minimi, quelli assolutamente indispensabili, per intraprendere la costruzione del nuovo.

Negli anni Novanta altri critici hanno sottolineato l’esigenza di soggettività che i giovani pittori avvertivano nel sostenere la presenza silenziosa della pittura come possibilità di agire in modo segreto e allusivo, con un impegno etico ed estetico raro da riscontrare nella folta trama dei nuovi linguaggi.

Possibilità - ha chiarito Giovanni Maria Accame in diverse occasioni - non legata alla definizione ma all’indeterminazione. È nei margini della sospensione e dell’incertezza che possiamo fare libere ipotesi per il futuro e riletture che cambiano il senso del passato.

Il silenzio della pittura sta dunque nel suo destino vissuto con segretezza, nel valore di riflessione e di rivelazione del colore puro, approfondito nell’essenza dei propri interni nutrimenti. La sua forza sta nell’atto non sostituibile da altre ipotesi linguistiche che permette al pittore di agire concentrandosi sulla qualità immaginativa delle velature e dei toni.

Non a caso, il valore persistente della pittura come arte soggettiva -senza referenti esterni- continua a sollecitare le argomentazioni della critica quando sa individuare, senza preclusioni, le relazioni tra il pensare e il fare pittura.

Orietta Berlanda, per esempio, presentando una mostra dell’artista nel 2002, ha sottolineato la sua scelta etica lontana dai clamori glamour dell’attualità, vicina piuttosto ad una dimensione dell’arte il cui valore risiede nel non lasciarsi disvelare mai del tutto.

Di conseguenza, la pittura di Tessadri è concentrata nell’assiduo lavoro di decantazione del colore, di oggettivazione della luce come sostanza irriducibile ad un sistema di valenze inalterabili, non misurabile unicamente con i meccanismi quantitativi dell’ottica ma soprattutto attraverso i livelli qualitativi della materia.

3. Griglie di luce, reticoli dell’immaginazione

Di fronte al costituirsi del dipingere come pratica individuale sorretta da procedure specifiche e difficilmente simulabili, è necessario un criterio di lettura che segua i tempi di emanazione del colore. Bisogna captare gli svelamenti invisibili tra colore e colore, cogliere le relazioni tra diverse fasce di luce che si dilatano all’infinito, oppure indagare le varianti interne all’identità di un solo colore. L’avvertenza più appropriata è quella di non smarrirsi di fronte all’insieme spesso indecifrabile dei processi che costruiscono le connessioni mutevoli tra le superfici, tra la singola tela e la serie, tra un colore e l’insieme delle linee.

Il valore della temporalità è suggerito da Tessadri sia dalla sequenza delle superfici sia dai ritmi interni ad una singola immagine, in questo modo il tempo di percezione non è mai un valore casuale ma si pone come complemento necessario al rivelarsi del colore-luce, estensione del significato dell’opera nel processo infinito dell’evento percettivo.

Si tratta di entrare in sintonia con le relazioni tra tono e tono, tra saturazioni e trasparenze, tra equilibri verticali e flussi orizzontali che spingono le forme nel fluire ininterrotto dello spazio.

La griglia geometrica svanisce di fronte all’evento del colore, a quello che spesso viene definito come epifania della luce, in realtà basterebbe parlare in termini meno sacrali di “genesi cromatica” come origine di ogni luminosità.

Luminosità costruita come struttura visionaria, questa può essere una definizione adatta per avvicinare le intenzioni di quei pittori che, come Tessadri, esplorano il divenire della “luce dipinta” non rinunciando all’atto di contemplare le mutazioni del colore andando oltre la loro trama circoscritta.

Nelle recenti opere (2006-2007) la perizia tecnica assume uno stato di tensione necessario ai risultati da raggiungere, l’affinamento dei processi operativi sottopone la costruzione del colore a un processo di identificazione con la funzione immaginativa delle griglie strutturali.

I procedimenti sono messi a punto in ogni minimo passaggio, dall’applicazione delle trame di filo da cucito sulla tela all’uso di un impasto di acrilico e colla steso sulla superficie con una grande spatola morbida (racla), al passaggio della quale, come in un esercizio di frottage, viene posto in evidenza il reticolo sottostante che si modifica a seconda della distanza dei singoli fili.

Tessadri spiega che i colori sono costruiti a partire da una base comune (un grigio colorato tendente al rosso e al blu) che viene in seguito alterata con altri colori per ottenere toni che modificano in modo diverso la suddivisione geometrica dello spazio.
In tal modo si determinano sottili variazioni di luce che diventano più intense se osservate nell’insieme, nell’accostamento dei quadri in serie, con effetti di più radicale tensione nel caso dei monocromi.

Il valore fondamentale di queste procedure sta nel trasformare la regolarità dei patterns in fasce luminose espansive, nel portare la geometria verso uno stato di vertigine dove i vuoti diventano pieni, dove la ripetizione ritmica di un ordito ben strutturato dà origine a quella visione illimitata del tempo che Tessadri immagina come uno spazio senza confini.


Collana Percorsi del colore, Nicolodi editore, Rovereto, 2007

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