Le silenziose vie dell'astrazione
A cura di Fiorenzo Degasperi
2011
Fiorenzo Degasperi: Rolando Tessadri
Le tele di Rolando Tessadri sono delle tavole da gioco, delle scacchiere sulle quali si svolgono i giochi degli dei. I colori di cui sono dipinte queste scacchiere servono, assieme alla griglia sottostante, a raffigurare il mondo. Un mondo fatto d'ombra e di luce dove ogni quadrato serve alla fissazione dei ritmi universali, alla cristallizzazione dei cicli cosmici. Un campo d'azione corrispondente alla terra (il quadrato è il suo simbolo), limitata ai quattro orienti.
Alcuni anni fa si poteva parlare di texture, di arte programmata (sistema binario, chiamato da millenni yin/yang dalla sapienza orientale). Noi preferiamo parlare di moderni mandala in cui l'artista cerca, controllando i colori e le forme, di controllare l'Io e l'universo. Sono archetipi e in quanto tali escono dalle correnti e dagli stili artistici per porsi all'interno del fiume dal “fare” per dimostrare le inesauribili potenzialità dell'infinito possibile.
Se guardate pulsano, non sono inanimate. Se osservate attentamente ad un certo punto, improvvisamente, guizzano sulla superficie del mare dell'esistenza per disparire sollecite, bruciate dal fuoco della gnosi. L'inizio è uguale alla fine, il centro alla periferia, il bordo al cuore, l'angolo alla retta periferica. Tutto è identità, presenza.
Soggetto ed oggetto coincidono, non c'è scissione tra loro: qui si determina quell'unità primordiale tanto ricercata, dove l'Io non subisce frammentazioni e divisioni e dove è invece assoluto, eterno, immoto Io. Eppure è una falsa e apparente immobilità. Qui tutto si muove. Appunto perché tutto è uguale, l'inizio coincide con la fine e la fine con l'inizio. L'artista canta il sogno del colore diventato materia.
Noi percepiamo in queste opere il mito dell'eterno ritorno, degli archetipi e delle ripetizioni. Sono opere che si rivoltano contro il tempo concreto, storico, esprimono la nostalgia di un ritorno periodico al tempo mitico delle origini, al grande tempo, in cui il colore era simbolo variegato e illimitato di sensi e il suo utilizzo era regolato da precisi canoni, paradigmi e parametri sacri ma anche profani. Qui non c'è solo un centro – in questo caso sarebbero dei cosmogrammi – ma ci sono molteplici centri e quindi ci troviamo al cospetto di psicocosmogrammi.
L'esperienza suggerisce anche in questo caso delle rappresentazioni analoghe. L'uomo pone nel
centro di se medesimo il principio recondito della propria vita, la propria misteriosa essenza; egli ha la vaga intuizione di una luce che brucia dentro di lui e che s'espande e propaga; tutta la sua personalità in quella luce si incentra e intorno a quella si svolge.
Le silenziose vie dell'astrazione
Castel Ivano, Ivano Fracena – Sala Klien, Borgo Valsugana, 2011
a cura di Fiorenzo Degasperi